FAUSTO RESMINI nasce a Lurano il 7 aprile 1952 da Giosuè e Carola Ruggeri, ultimo di cinque figli (Severo, Angela, Gisella, Romilda, Fausto) ed è battezzato il 13.4 dello stesso anno dal parroco don Antonio Bolis. I genitori, che gestiscono un bar in paese, lo affidano al Patronato di don Bepo e così a 7 anni il piccolo Fausto entra nella casa di S. Paolo d’Argon dove frequenta le elementari e le medie del paese; dopo di che, si iscrive alle Magistrali presso l’Istituto Secco Suardo di Bergamo, continuando però a vivere nella casa di S. Paolo. In questi anni la guida di riferimento è Mons. Carlo Agazzi verso il quale nutrirà per tutta la vita affetto e gratitudine. Nel 1972 passa a Sorisole con l’incarico di assistente educatore e decide di lasciare i corsi presso la facoltà di Giurisprudenza della Università Cattolica di Milano per frequentare la teologia nel Seminario di Bergamo. Nel frattempo infatti la convinta adesione al carisma di don Bepo e a quella che ormai è diventata a tutti i titoli la sua seconda famiglia e cioè il Patronato S. Vincenzo, gli fa scoprire la vocazione al sacerdozio.
Così a 20 anni entra nel Seminario diocesano pur continuando ad abitare a Sorisole e il 17 giugno 1978 è ordinato prete dal Vescovo Mons. Giulio Oggioni. Per dieci anni, dal 1978 al 1988 rimane a Sorisole come vice-direttore della casa e nel 1980 proprio grazie a lui viene fondata la Comunità don Lorenzo Milani per riunire i ragazzi che, pur avendo terminato la scuola dell’obbligo, rimangono al Patronato per proseguire gli studi o perché impegnati in varie attività. Nel 1988, la direzione della casa passa a don Fausto che nel frattempo si è fatto conoscere e stimare in diocesi grazie alla lungimiranza di vedute e alla coraggiosa intraprendenza nel percorrere vie nuove sia nell’ambito della formazione che in quello della marginalità. Perciò è chiamato a far parte del Consiglio Presbiterale diocesano dal 1985 al 1992. Il 1992 è anche l’anno in cui nasce il Servizio Esodo frutto della sua volontà di porsi a fianco degli “ultimi della fila”: è uno dei “servizi segno” dell’Associazione Diakonia–Caritas, in collaborazione col settore Politiche Sociali del Comune di Bergamo che però pochi anni dopo diventa a tutti i titoli attività del PSV.
Nel 2001 nasce anche l’associazione “In strada” dopo anni di esperienza sul campo, per decisione dei volontari e dello stesso don Fausto, per dare a Servizio Esodo struttura propria e configurazione giuridica. Il camper presso la stazione FFSS e la distribuzione serale presso lo spazio-mensa nel “posto caldo” delle Autolinee sono i simboli di quell’approccio innovativo che don Fausto ha saputo dare al problema della marginalità: non aspettare che i poveri chiedano aiuto, ma cercarli nei luoghi che frequentano.
La casa di Sorisole sotto la sua direzione si amplia e si completa con servizi sempre nuovi e diventa il luogo dove il carisma del Patronato dà il meglio di sé: accoglienza di minori sottoposti a provvedimento penale; infermeria; dormitorietti e containers per i senza dimora; accoglienza degli immigrati, creazione della fattoria didattica, dei laboratori, della scuola interna…è tutto un fiorire di iniziative che fanno del centro la punta di diamante del Patronato S. Vincenzo e uno dei luoghi più significativi di riferimento per la carità della diocesi di Bergamo e non solo.
La casa diventa anche luogo di formazione e centro di volontariato per innumerevoli giovani e adulti che vogliono sperimentare di persona la solidarietà. Don Fausto è sempre più richiesto da scuole, gruppi e associazioni nella sua qualità di educatore e per la sua competenza di formatore, compiti che assolve con la riconosciuta capacità ed esperienza. Ma non è tutto: nel 1992 don Fausto è nominato cappellano delle carceri di Bergamo, incarico che assolverà fino all’ultimo con una passione e un impegno che gli otterrà post-mortem l’intitolazione a suo nome della Casa Circondariale bergamasca. Entra a far parte anche del mondo della giustizia e per tanti magistrati diventa autorevole riferimento oltre che amico sincero: il coronamento del suo impegno in quest’ambito sarà la visita al Patronato di Sorisole del Ministro di Giustizia onorevole Andrea Orlando il 3 dicembre 2017. Tutto ciò gli procura il riconoscimento e la gratitudine dell’intera comunità bergamasca che culmina con il conferimento nel 2005 della medaglia d’oro da parte del Comune di Bergamo per l’impegno a favore degli emarginati. Quanto al Patronato S. Vincenzo dal 2010 al 2015 è Presidente dell’Opera PSV; nel 2016 assume la direzione della Casa del Giovane e si incarica dell’ospitalità sacerdoti presso il Conventino; è membro dei C.d.A. sia dell’Opera PSV che dell’AFP la scuola professionale del Patronato nelle tre sedi di Bergamo, Clusone ed Endine.
Per non parlare della presenza in istituzioni come Diakonia-Caritas, Conventino Adozioni, Centro Conventino psicologia, Opera Pia Calepio ecc. Dal 2017 a Sorisole collabora con lui don Dario Acquaroli a cui don Fausto affida l’area dei minori e altri incarichi, non per alleggerire il carico degli impegni, ma per poterne assumere di nuovi; e poco a poco struttura il gruppo dei più stretti collaboratori che hanno il compito di garantire la continuità della sua opera: Zucchinali Luigi, Luca Ronzoni, Fabio Defendi, Roberto Pominelli, Salvatore Oliveto e Umberto Guizzetti…solo per fare alcuni nomi. Tutta questa frenetica attività non va a scapito della sua spiritualità: tutti ricordano che le prime e le ultime ore della sua sempre impegnativa giornata don Fausto le passava in chiesa e che uscendo per andare a dormire diceva al Signore: “Ti affido i miei ragazzi per questa notte e domattina passo a riprenderli”. La morte lo coglie in piena attività e mentre progetta nuove iniziative e aperture.
Don Fausto Resmini inizia a star male il 29.02: i segni sono stanchezza, febbre, inappetenza ecc. ma lui non cede e, come è nel suo carattere, continua a prodigarsi nel suo lavoro a favore del prossimo senza badare a se stesso e ai segnali che il fisico aggredito dal Covid gli manda. Venerdì 6.03 però viene ricoverato d’urgenza alla Clinica Gavazzeni: una settimana di ritardo che gli sarà fatale. Quando viene a sapere che nel carcere i detenuti sono in rivolta per timore del virus, vorrebbe recarsi all’istituto penitenziario per aiutare tutti a recuperare la calma. Naturalmente gli viene negato il permesso, anzi il 13.03 don Fausto è trasferito a Como nell’ospedale S. Anna: le terapie intensive in bergamasca sono al limite del collasso e la direzione dell’Humanitas non può far altro che affidarlo a una struttura ospedaliera che sia in grado di prestargli migliore attenzione. Se a Bergamo era difficile comunicare con lui, a Como diventa quasi impossibile…tutto passa attraverso il personale medico e paramedico e purtroppo le notizie che filtrano a fatica non lasciano molto spazio alla speranza. Il Covid gli aggredisce reni, fegato, apparato respiratorio e. nonostante i disperati tentativi messi in atto, nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 marzo il fisico di don Fausto collassa e sopraggiunge la morte.
Non solo a Sorisole, la sua casa, ma in tutto il Patronato, a Bergamo e fuori provincia la notizia suscita eco enorme: l’impressione e il dolore da parte di tutti sono profondi e sinceri. Del resto fino all’ultimo era difficile pensare che uno come don Fausto che nella vita aveva ingaggiato e vinto battaglie di ogni genere contro miseria ed emarginazione, potesse essere vinto da un virus pur aggressivo che fosse.
Nonostante le limitazioni imposte dalle autorità, i suoi funerali giovedì 26 marzo sono trionfali: i resti mortali sono portati a Sorisole dove ricevono l’omaggio colmo di affetto e riconoscenza dei ragazzi, collaboratori, educatori e ospiti della casa. Il carro funebre ha fatto tappa alle Autolinee, dove serviva pasti caldi, e in via Gleno tra i detenuti. Erano le mete quotidiane dei suoi giorni da prete dei diseredati. E l’ultimo viaggio di don Fausto ha ricalcato le stesse traiettorie. Una volta lasciata la Comunità di Sorisole, il carro funebre col feretro del sacerdote, s’è diretto verso la stazione Autolinee, dove ogni sera accorrono i suoi ultimi per ricevere un pasto caldo e un po’ di conforto. Gente domiciliata su un marciapiede, tossicodipendenti, sbandati, stranieri, tipi per cui la strada è un perenne richiamo della foresta: lì, nel posto che al calare del buio smette di essere pensilina e diventa porto. Una decina di minuti e il carro funebre riparte, destinazione Malpensata. Passa davanti al Patronato S. V. da dove ospiti e volontari salutano mesti, poi punta in via Gleno, verso il carcere di cui è stato cappellano. Qui trova gli agenti della polizia penitenziaria schierati in picchetto nel piazzale della sezione penale, la direttrice Teresa Mazzotta, l’ex ministro Martina e i detenuti affacciati alle finestre delle celle. «So bene quanto lui si sia consumato per chiunque qui tra queste mura – ha detto don Dario Acquaroli -. Le sue parole, i suoi gesti hanno riempito questo posto di fiducia e di speranza. Don Fausto ha sempre ricordato a ognuno di noi che l’uomo non è ciò che ha commesso, ma il dono più grande di Dio che ha bisogno di essere amato, soprattutto quando si perde, quando ha sbagliato». Il sacerdote ha poi portato il saluto e la benedizione del Vescovo. La direttrice Mazzotta ha sottolineato che don Fausto «credeva così tanto alla sua missione che non c’è persona qui dentro che non lo ricordi e non lo abbia nel suo cuore». Martina ha ricordato «la fortuna che abbiamo avuto di conoscerlo». Un giovane detenuto lo ha dipinto «come un padre, un fratello, un amico degli ultimi degli ultimi che ha saputo tenere viva la speranza e farci sentire al primo posto».
Don Fausto ora riposa nella cappella dei preti del Cimitero del suo paese: dire di uno come lui che “riposa” è un po’ troppo… siamo sicuri che continui infatti a darsi da fare per i suoi ragazzi.
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